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Bellezza, Cura di Sé e Bisogni Primari: Riflessioni

Qualche settimana fa ci siamo imbattuti in in articolo (link) che cita alcuni dati sul fatto che in Italia molte molte persone utilizzano prodotti cosmetici, prodotti per la cura della pelle e ricorrono o hanno intenzione in futuro di ricorrere alla chirurgia estetica.

Questo articolo ha provocato delle riflessioni che teniamo a condividere con te!

L’articolo cita una serie di dati interessanti e poi sottolinea come le persone siano in qualche modo sempre più “sensibili” all’attenzione all’estetica/bellezza.

Seguendo le pubblicazioni online degli ultimi mesi abbiamo notato un intensificarsi di articoli che riportano come le generazioni odierne siano molto sensibili al tema della bellezza esteriore.

Spesso il seme del male risiede (stando agli articoli) ai social che ci impongono standard di bellezza irraggiungibili con la conseguenza che saremo sempre più ossessionati dagli standard estetici, poco attenti al miglioramento della nostra persona interiore e destinati ad un senso di inadeguatezza.

Ora; abbiamo dedicato svariate newsletter e articoli a commentare mode tecnicamente non corrette in ambito di cura della pelle nate dai social.

(a dire il vero queste mode nascono solitamente su Tiktok, fare di tutta l'erba un fascio e dare la colpa a tutti i social di alcune mode nate su Tiktok non sarebbe corretto).

C’è però una differenza tra il commentare una tecnica sbagliata cercando di trarne un insegnamento, all’additare il mondo della bellezza in toto cercando di sostenere che stiamo diventando persone in qualche modo dipendenti della bellezza.

In primo luogo per poter affermare che le persone oggi siano ossessionate dalla bellezza/cura di sé dev’esserci un metro di paragone.

Siamo ossessionati rispetto a chi?

Probabilmente se ci paragoniamo ai nostri antenati di una o due generazioni fa l’attenzione che poniamo nel curare il nostro aspetto esteriore è più alta, ma questo è di per sé un male?

La società si sviluppa continuamente e le esigenze delle persone cambiano, soprattutto in quelle aree del pianeta nelle quali per via di una serie di circostanze (storia, geografia, clima...) le persone sono abbastanza fortunate da aver "sistemato" i bisogni primari (fame, freddo, protezione).

In altre parole, già solo due generazioni fa i nostri antenati uscivano da una guerra che, avendo raso al suolo il paese, li metteva davanti ad una vita dura nella quale l’abbondanza era solo un miraggio.

Ma questo non significa che le nostre nonne non aspirassero già alla bellezza.

Nei ricordi di molte famiglie si rinvengono racconti di tecniche di bellezza “fatte in casa”, della nonna che cercava, con quello che aveva, di presentarsi nel modo migliore possibile, perché questa è sempre stata una legittima aspirazione umana.

Già gli uomini delle caverne cercavano di abbellire le loro abitazioni con incisioni rupestri, perché l’essere umano (in varie misure) ha innata in sé la ricerca del bello.

Il concetto di bellezza può cambiare da una zona del mondo ad un’altra, e da epoca ad epoca, ma la sua ricerca fa parte del nostro DNA.

Al tempo degli antici Romani (ma si potrebbe facilmente andare ancora più indietro) esisteva tutta un'industria della moda volta a produrre il colore rosse estraendolo con molto lavoro da dei molluschi - il famoso rosso porpora.

Ovviamente avere la tunica rossa anziché grigia non rispondeva ad esigenze pratiche ma rappresentava la ricerca di uno status, di quello che al tempo probabilmente era "bello".


E quello che ci preme sottolineare è che anche questo è un sacrosanto diritto delle persone.

Storicizzando ci si rende conto che quasi tutto quello che ci circonda potrebbe essere considerato un vezzo ad un occhio particolarmente critico.

Per esempio nel medioevo possedere un libro era rarissimo - l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutemberg risale al 1455 quindi sostanzialmente in concomitanza con la fine del medioevo.

Non è difficile quindi immaginare che se un nostro antenato medievale entrasse in una qualsiasi delle nostre case e vedesse una libreria piena penserebbe in primo luogo che siamo ricchissimi, ed in secondo luogo che comunque vogliamo esagerare.

Con questo paragone un po' estremo cosa vogliamo dire?

Che storicizzare ci aiuta a capire la nostra stessa evoluzione.

Dal secondo dopoguerra ad oggi, almeno in alcune aree del pianeta, abbiamo avuto la fortuna di vivere un età dell’oro mai sperimentata prima nella storia e quindi di poter archiviare tutti i bisogni primari.

Risolti i bisogni primari sono diventati primari i bisogni che prima erano in qualche modo secondari.

Le esigenze di tutti noi sono diventate più sottili ma non per questo devono essere guardate con minore dignità.

Prendendo per esempio il mercato delle palestre, possiamo affermare con ragionevole certezza che ad inizio 1900 in Italia non ci fossero palestre per come le conosciamo oggi.

Con l’arrivo del benessere è nata l’aspirazione nelle persone di stare bene, vedersi belli e provare quel piacere unico che un buon allenamento è in grado di dare.

E per rispondere a questo desiderio delle persone sono nati i servizi dedicati.

Sono nati quindi nuovi lavori (probabilmente il nonno di nessuno di noi faceva il personal trainer) e aziende con migliaia di impiegati (Technogym,Virgin, ecc…).

In una sola frase, il mondo si è evoluto.

Se però leggessimo i freddi dati sul numero di palestre che hanno aperto senza storicizzare, saremmo portati a credere che rispetto all’inizio del 1900 la società di oggi sia composta da invasati che passano le loro giornate in palestra - quando ovviamente non è così.

E anzi sembrerebbe che nelle aree con ancora maggior benessere questa tendenza acceleri ancora.

Le aree più ricche del pianeta dalla California a New York passando per Sydney sono letteralmente piene di palestre e centri benessere - molto più di una città italiana media.

Quando le persone hanno la fortuna di stare meglio, sviluppano anche il desiderio di stare "ancora un po' meglio".

Ovviamente gli eccessi non vanno mai bene: alcuni culturisti hanno dichiarato di vivere la loro passione per la palestra come una vera e propria dipendenza in cui c’è poca gioia, non è impossibile immaginare che alcune persone abbiano allo stesso modo un’ossessione per la cura della pelle.

Ma nella grande maggioranza dei casi il voler “stare bene” è una legittima e sacra aspirazione dell’essere umano e puntare il dito sulle forme in cui questa aspirazione si manifesta è forse sintomo di poca empatia.

Tutti hanno diritto a cercare di stare meglio, qualunque cosa questo voglia dire per ognuno di noi.

L’equilibrio (quante volte è "giusto" andare in palestra?) poi è un concetto strettamente privato: quello che per una persona da fuori può sembrare troppo per altri è poco.

La vita intera è in un certo senso la ricerca di un equilibrio che ci si addica, e durante la ricerca di questo equilibrio (forse utopistico) impariamo un sacco di cose, su di noi e sulle persone che ci circondano!

Ricapitolando con il post di oggi vogliamo dire che è un diritto di tutti aspirare ad una vita migliore sotto ogni punto di vista, e tutti i desideri hanno pari dignità perché sono intimi e spesso rispondono a necessità profonde della persona.

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