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L’intelligenza artificiale può essere utile per la skincare?

Oggi condividiamo con te un articolo interessante che tocca un punto sempre più presente nelle nostre vite, potremmo quasi dire “all'ordine del giorno”.

 

Come da titolo del post, l'argomento è l'intelligenza artificiale e la domanda è se questa possa essere utile nella cura della pelle; clicca qui per il collegamento all'articolo completo.


Lato nostro abbiamo sempre avuto delle perplessità sul fatto che l'intelligenza artificiale possa apportare dei benefici importanti per l'utente finale a livello di cura della pelle.

Ma, proprio perché il nostro obiettivo è quello di aiutare il più possibile la pelle delle persone, sappiamo che è necessario mantenersi aggiornati e studiare tutte le possibili novità, anche nei casi in cui (per ora) non vediamo sbocchi pratici.

 

Le nostre riserve sull'utilità dell'intelligenza artificiale in ambito skincare derivano dalle caratteristiche proprie di questo strumento.

Già mettersi d'accordo su cosa sia l'intelligenza - quella “classica e umana” diciamo, non è un'impresa semplice.

 

La definizione che si trova in internet di intelligenza recita: 

 

1 Capacità di attribuire un significato conveniente pratico o concettuale ai vari momenti dell'esperienza e della contingenza

 

2 Vivacità e sicurezza di ordine pratico e concettuale

 

La definizione stessa di intelligenza è molto aperta e poco pratica; sotto questa definizione possono ricadere tutta una serie di fattispecie molto diverse tra loro ed impossibili da misurare.


L'intelligenza infatti racchiude in sé una serie di abilità che possono essere più o meno spiccate in un individuo piuttosto che in un altro, essendo comunque entrambi molto intelligenti.

Per andare sul piano pratico: ci sono persone molto intelligenti, in grado di risolvere velocemente dei problemi, che magari per caratteristiche personali hanno poca memoria.


Avere poca memoria li rende stupidi? Assolutamente no!


Eppure il primo punto dei due aspetti che caratterizzano l'intelligenza nella definizione è la “capacità di attribuire un significato conveniente”.
Questa capacità per forza di cose tiene conto delle esperienze precedentemente vissute e quindi deve per forza coinvolgere l'uso della memoria.


E ancora, è più intelligente chi sa risolvere un problema di matematica alla velocità della luce o chi sa scrivere un articolo che viene premiato con importante premio letterario?

Non è possibile trovare una risposta, ma la domanda stessa ci è utile per capire quanto profonda e non scontata sia la questione.

 

In sostanza è come se l'intelligenza fosse un insieme di ingredienti che ci portano a dire “quella persona è proprio intelligente!”.

 

Gli ingredienti sono tanti e diversi e ogni persona ha la sua ricetta, una può avere una memoria da elefante ma non essere brava in matematica e così via...

 

Se poi attacchiamo alla parola "intelligenza" anche "artificiale" la questione si complica ancora di più.


Tanto che alcune persone più che di intelligenza artificiale parlano di "machine learning", ovvero della capacità dei computer di imparare dagli stimoli dati dalle persone.

 

Queste persone ritengono insomma che quella dei computer non sia una vera e propria intelligenza (per citare un nome illustre, è di questa idea il fisico Federico Faggin, inventore del microchip): i computer non sarebbero ancora in grado di porsi in autonomia dei problemi e ricercare la soluzione facendo una sintesi delle informazioni a disposizione e ragionando.

 

Sicuramente però i computer sono in grado di memorizzare gli stimoli ricevuti e consultare in tempo reale quantità di dati immense, mischiandole e prendendo un po da qua un po da là per trovare la soluzione (in teoria) migliore.

 

Velocità è la parola chiave; probabilmente questo è l'attributo fondamentale dell'intelligenza artificiale.


La capacità di dare un risultato molto molto velocemente.


Questo non vuol dire che un computer sappia cosa sta facendo o riesca a trarre deduzioni con un certo livello di astrazione - così come un pappagallo che è certamente un animale intelligente riesce a memorizzare circa 2000 parole (alcuni tipi di pappagallo), eppure non può attribuire a queste parole un significato e soprattutto non può servirsene per immaginare una poesia - l'intelligenza artificiale potrebbe scrivere una poesia se le è richiesto, ma i parametri provengono sempre dal fuori, da come è stata impostata, non dalla sua stessa comprensione di cosa sia una poesia.


Per tornare all'intelligenza artificiale quindi l'abilità più specifica di questo tipo di intelligenza è la velocità, ed è proprio questo il motivo del nostro scetticismo.

 

Infatti in ambito skincare troviamo che per aiutare la pelle delle persone sia necessaria profondità di conoscenza, capacità di astrazione, e soprattutto tentare e ritentare perché non tutte le persone sono uguali.

 

Per questo motivo troviamo che la cura della pelle sia molto più umana che artificiale - la velocità in questo campo potrebbe essere di poco aiuto, le persone hanno bisogno di risultati ponderati e di “aggiustare il tiro” man mano che la loro situazione si evolve.

 

Però ci sono grandi aziende multinazionali che stanno investendo molto nell'intelligenza artificiale applicata alla skincare, che poi è il motivo per cui scriviamo questo articolo.

 

Molte aziende infatti stanno investendo in piattaforme di intelligenza artificiale che in vario modo prendono decisioni al posto dell'utente finale o comunque ne indirizzano le scelte.

 

Per esempio esistono molti strumenti che sulla base di una foto possono indicare quale sia il colore di rossetto giusto, il prodotto make-up da scegliere ecc (che poi, esiste un solo rossetto giusto? Ma non apriamo troppi fronti).

 

La domanda viene spontanea, ma l'intelligenza artificiale, da dove prende queste risposte?

 

Qua arriviamo all'articolo condiviso oggi.


Stando all'articolo sostanzialmente l'intelligenza artificiale prenderebbe le risposte in primis da internet.

 

E, sempre stando all'articolo, se un'azienda riuscisse (come molte cercano di fare) a “sommergere” internet con articoli che parlano dei suoi prodotti, questa azienda verrebbe inevitabilmente citata molto dall'intelligenza artificiale .

 

 

 

Qua però nasce un problema, in un mondo di questo tipo l'utente finale è soggetto o oggetto dell'intelligenza artificiale?

In altre parole, questi portali tutelano l'interesse del consumatore cercando di consigliargli davvero il prodotto più adatto al suo caso specifico?


O al contrario i portali dell'AI sono degli strumenti nelle mani delle multinazionali che, apparendo tecnici e terzi, in realtà veicolano sempre le stesse risposte (quelle prese da internet dove le grandi aziende cercano di pubblicare molti articoli)?


E l'articolo continua mettendo in evidenza un'altra causa oggettiva per la quale un'app non può sostituire una persona esperta di pelle.

 

Il fatto è che quando si ha a che fare con l'app si è da soli: se io scrivo ad un app descrivendo il mio problema di pelle darò delle informazioni che potrebbero essere falsate da molti fattori, il coinvolgimento, la preoccupazione, il fatto di essere o non essere esperto di pelle.

 

Per tutti questi motivi un'app difficilmente può sostituire un essere umano.

 

Sarebbe come andare da un medico e avere una conversazione del tipo “ho questo e quello, un anno fa mi è capitato così, cosa devo prendere”?

Ma cosa succede se le varianti che noi abbiamo ritenuto importanti nella realtà non lo sono, e se invece ne abbiamo omesse altre fondamentali al formare la diagnosi?

In questo caso ci pensa il dottore, prescrivendo esami, facendo le domande giuste ecc...


Ma come può un'app fare questo? L'app (per ora) può solo analizzare dei dati condivisi da un “paziente” che potrebbe aver fornito dati errati o parziali, magari senza neanche volerlo.


I casi sono infiniti, per fare un esempio una persona potrebbe avere il diabete e non saperlo, un dottore umano quindi nel trattare certe patologie e prescrivere certi farmaci richiederà determinate visite.


L'app per ora non ha la possibilità di prescrivere esami ed analizzarne i risultati, tolta quindi questa fondamentale funzione l'unico aspetto che rimane all'app è fornire molto velocemente una risposta rispettando determinati parametri.

 

Quindi l'intelligenza artificiale in ambito skincare è un bene o un male?

Intanto è sicuramente un bene sapere da dove l'intelligenza artificiale trae le sue informazioni, poi come sempre se essa sia un bene o un male dipende dall'uso che se ne fa.

 

Se ci si diverte con una determinata app, o la si riesce ad usare anche per risparmiare tempo in un caso specifico, sicuramente in quell'app c'è dell'utile e del buono.


Insomma, anche l'intelligenza artificiale va utilizzata con intelligenza
😊

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